Presentazione di
UN TRATTATO BISTRATTATO
Un nullafacente di inappuntabili referenze, tale Trinko Allotri, racconta il proprio itinerario di iniziazione alle lettere, o diremo meglio all’alfabeto e alle sue inesauste combinazioni. Gli avanzamenti del protagonista sul terreno culturale, per tacere di quello cretaceo, appaiono accidentati e sostanziati da alquanti fantasmagorici imprevisti. Le sue peripezie si snodano lungo i meandri pluridimensionali dell’Ente, ottava meraviglia del mondo: un’immane biblioteca che assomma i tratti della borgesiana Biblioteca di Babele, del Castello di K., del penitenziario Panopticon, della comunità termodinamica per tossicomani e della Fondazione di sedicente partecipazione a scopo di pubblica utilità. Qui si reca il detto Trinko Allotri, in mancanza di un’occupazione migliore, o meglio di un’occupazione purchessia, dove però finisce risucchiato da un maëlstrom burocratico-misterico del quale è arduo scorgere l’esito. La quête diventa a poco a poco una recherche, per Trinko Allotri, che arriverà a trovare nelle viscere più malfamate dell’Ente la sua autentica vocazione di narratore. Il riconoscimento del suo ruolo elettivo coincide con il passaggio dall’oralità alla scrittura, che comporta paradossalmente una diminuita padronanza della propria parola, esposta ai rischi della manipolazione tecnologica. Il percorso ascensionale verso la sapienza è intralciato a ogni piè spinto dal fardello della materia corporea: da cui scaturiscono nondimeno e si allargano, oltre i confini dell’universo conosciuto, inusitati orizzonti d’esperienza.
Non sarà del tutto inutile precisare che Tristrano Arfasatto è il nome d’autore collettivo dietro cui si cela, per pudicizia e per celia, una banda di sfaccendati pantofolai della più fonda provincia, dalle spiccate pretese intellettuali e dalle scarse prospettive di sopravvivenza.
Gentile Tristrano Arfasatto,
sono lieto di osservare i suoi nuovi movimenti tra le maglie della rete. Anch’io ho mosso la coda da poco: il che vuol dire che non siamo ancora morti.
Auguri,
Malidor
Gentile Malidor,
grazie per i suoi impulsi di fiducia. Essere ancora vivi
non è un brutto traguardo, e le maglie della rete sono un po’ più comode di quelle di una tonnara, no? Troppo comode talora, mi dirà. Concordo. Ma meglio comode, che strette, in fondo. Così c’è spazio per tutti, perfino per me.
Ricambio sinceramente gli auguri; verrò presto a visitarla.
Arfasatto
Ce ne puliamo il podice ammirati